Capilano Suspension Bridge
Il Capilano è uno splendido fiume immerso nella natura, con strette gole adornate di grandi, verdissimi abeti. Attraversare il fiume Capilano sul famoso Suspension Bridge può essere un’esperienza mozzafiato: con i suoi 136 metri, è uno dei ponti sospesi più lunghi al mondo. A inizio anni ‘70 due studiosi dell’Università della British Columbia, a Vancouver, hanno utilizzato questa location unica per la loro ricerca sperimentale.
Come riportano Dutton e Aron, i due autori dello studio (1974), il Capilano Suspension Bridge ha “la tendenza ad inclinarsi, ondeggiare ed oscillare, dando continuamente l’impressione di stare per precipitare di lato”. Attraversare il ponte è quindi un’esperienza imperdibile per chi è alla ricerca del brivido, pur rimanendo in sicurezza.
L’esperimento si è svolto sulla strada vicino all’estremità di un ponte, dove un’assistente dei due ricercatori attendeva passanti di sesso maschile. Ad ognuno di loro proponeva di partecipare a uno studio di tesi sperimentale in psicologia, composto da una serie di test e domande. Al termine dell’interazione, la sperimentatrice forniva ai volontari il suo numero di telefono, consigliando loro di contattarla per qualsiasi dubbio o domanda sull’esperimento.
Tra i vari test, i volontari completavano il Tematic Apperception Test, nel quale dovevano inventare brevi storie relative a una serie di immagini. In modo interessante, i passanti che avevano appena attraversato il Capilano Suspension Bridge inserivano nelle loro storie molti più dettagli di natura sessuale rispetto a quelli che si erano resi volontari dopo essere passati su un ponte diverso dal Capilano, molto più stabile e molto meno sopraelevato.
Inoltre, nei giorni successivi, la sperimentatrice è stata contattata più frequentemente dalle persone che avevano attraversato il ponte sospeso, rispetto a coloro che avevano attraversato il ponte “normale”.
Perché le persone che attraversavano il ponte sospeso manifestavano un maggiore arousal sessuale e un’attrazione più intensa verso la sperimentatrice? Inizialmente, gli autori interpretarono questo fenomeno come una semplice correlazione tra l’arousal emotivo e l’attrazione sessuale, suggerendo che un aumento dell’attivazione emotiva fosse associato a un aumento del desiderio sessuale. Tuttavia, una reinterpretazione più recente del risultato è stata fatta attraverso il concetto di inferenza enterocettiva.
Secondo questa prospettiva, coloro che hanno attraversato il ponte sospeso potrebbero aver utilizzato un evento esterno, come la presenza di una sperimentatrice del sesso opposto alla fine del ponte, per giustificare il proprio stato fisiologico alterato (ad esempio, cuore accelerato e sudorazione elevata). Tuttavia, un’analisi attenta della situazione avrebbe dovuto far loro capire che, in realtà, il loro arousal era dovuto alla tensione e alla paura sperimentate nel attraversare il ponte sospeso.
Che cos’è Inferenza enterocettiva
A cavallo tra il XIX ed il XX secolo filosofi e psicologi si interrogavano sul complesso interscambio tra le emozioni e l’attività interna delle nostre viscere. In questo dibattito, William James propose la rivoluzionaria idea secondo la quale le cosiddette “risposte” corporee in realtà precedessero temporalmente la percezione conscia delle emozioni (James, 1884).
Al contrario, invece, Walter Cannon osservò come alcuni stati fisiologici sorgessero molto più lentamente rispetto a quanto velocemente cambiassero gli stati emotivi consci, e sulla base di questo dato affermò che in molti casi le risposte autonomiche e gli stati emotivi si sviluppano in modo indipendente (Cannon, 1927).
L’esercizio intellettuale proposto da questo dibattito sembrerebbe essere riducibile alla classica domanda: “è nato prima l’uovo o la gallina?”. Tuttavia, interrogarsi sull’interazione tra processi fisiologici ed emozioni non è un esercizio triviale. Infatti, capire l’esatta relazione causale e temporale tra sensazioni ed emozioni è un passaggio cruciale per capire meglio il nostro funzionamento come sistema, adattatosi a navigare il mondo sensoriale in cui viviamo.
Una delle particolarità di questo dibattito è che chiunque può essere giudice sulla base della propria esperienza, chiunque può affermare soggettivamente di sentire prima il proprio corpo o di sentire prima i propri stati emotivi. E come giudici del dibattito, molto probabilmente la maggior parte delle persone affermerebbe di sentire che gli avvenimenti esterni provocano le emozioni, e che a loro volta queste emozioni inducono cambiamenti nel loro stato corporeo.
Secondo questa prospettiva, quindi, il cervello agirebbe in modo reattivo al mondo che ci circonda. Per esempio, quando vediamo uno stimolo spaventoso prima proviamo una sensazione di paura, poi il nostro corpo si attiva in modo congruo, aumentando il battito cardiaco e la sudorazione. Ma è davvero così? La nostra percezione soggettiva delle esperienze emotive rispecchia esattamente lo svolgersi temporale e causale della relazione tra sensazioni corporee ed emozioni?
1. enterocezione – Michelle Leman – Pexels
Le più recenti teorie della neuro-economia computazionale sembrerebbero ribaltare ciò che noi crediamo di sapere sul nostro funzionamento cognitivo, e sembrerebbero suggerire che quello che le credenze legate all’esperienza diretta potrebbero non rispecchiare esattamente i rapporti causa effetto e le dinamiche temporali delle computazioni svolte dal nostro cervello.
Infatti, teorie come il predictive coding (Rao & Ballard, 1999) o, più nello specifico, l’interoceptive inference (Gu & FitzGerald, 2014) avanzano la proposta che il nostro cervello agisca per modelli predittivi, ovvero che crei continuamente previsioni sui prossimi eventi sensoriali e modifichi le cognizioni e le emozioni in base alla regola di minimizzazione dell’errore.
Sembra complesso, ma detto in parole più semplici il nostro mondo sensoriale ed emotivo è frutto di una produzione soggettiva che dipende dalle nostre aspettative sull’immediato futuro. Queste aspettative, ovviamente, dipendono dallo stato sensoriale ed emotivo che stiamo vivendo nell’attimo presente, e la loro funzione è quella di collegare percetti ed emozioni all’interno di un quadro cognitivo che sia coerente nel suo svolgimento temporale.
Questa spiegazione, apparentemente astratta, diventa più comprensibile quando esaminiamo situazioni in cui il cervello utilizza il suo processo predittivo per generare percezioni ed emozioni insolite o contraddittorie. Ad esempio, immaginiamo di aver visto un film horror prima di andare a dormire.
Se, successivamente, durante il tentativo di addormentarsi, sentiamo dei rumori provenire dal soggiorno, è probabile che prevederemo il peggio da quei suoni. Se fossimo persone puramente razionali, potremmo pensare a un possibile intruso, mentre lasciandoci influenzare da un’immaginazione più vivace, potremmo temere che una creatura mostruosa stia emergendo dal soggiorno per raggiungerci nella nostra camera da letto.
Tuttavia, se ci trovassimo nella stessa situazione (rumori provenienti dal soggiorno mentre cerchiamo di dormire), ma avessimo appena visto un film romantico, è probabile che spiegheremmo i rumori attribuendoli al vento che sbatte sulle finestre o a un oggetto caduto a terra.
In questo contesto, lo stato fisiologico e lo stato emotivo collaborano per adattare i modelli predittivi sul mondo esterno, agendo come un filtro attraverso il quale interpretiamo un evento sensoriale specifico, come ad esempio il rumore proveniente dal soggiorno (Pezzulo, 2014).
Ma torniamo al nostro esempio iniziale e proviamo ad analizzare il caso del ponte di Capilano: siamo sospesi tra gli alberi, e l’oscillazione del ponte ci fa provare il brivido del pericolo. Il nostro cuore accelera: questo è lo stato fisiologico presente che utilizzeremo per i nostri modelli predittivi riguardo l’immediato futuro. Una volta giunti incolumi alla fine del ponte, incontriamo la sperimentatrice, che diventerà cruciale nella nostra interpretazione della situazione.
Infatti, secondo la regola della minimizzazione dell’errore, il nostro arousal fisiologico verrà ricondotto alla causa più immediata che abbiamo a disposizione nell’ambiente circostante: riterremo che il “cuore in gola” sia dovuto all’attrazione sessuale verso la sperimentatrice.
L’approccio pop: misure implicite delle emozioni
Sappiamo bene come lo studio delle emozioni sia un cardine nelle ricerche di marketing. Abbiamo già trattato in dettaglio qui (https://blog.economiacomportamentale.it/2018/01/08/neuromarketing/) come oltre ai metodi espliciti, quali questionari e domande sull’emozione provata di fronte ad un certo prodotto, o ad una certa campagna pubblicitaria, si sia diffuso anche l’uso di misurazioni implicite delle nostre preferenze e delle nostre emozioni (per saperne di più su strumenti e metodologie innovative per le ricerche di mercato, ti consigliamo di leggere l’articolo di Umana Analytics Ricerche di mercato quantitative, qualitative o con strumenti impliciti?).
Tra queste misure, alcune riguardano l’attività cerebrale (EEG, fMRI), mentre molte altre sono invece legate alla registrazione delle nostre modificazioni fisiologiche. Di queste ultime, le più famose sono l’ECG (elettrocardiogramma) e la SCR (registrazione della conduttanza cutanea).
Gran parte della letteratura di marketing ma anche di economia comportamentale ritiene infatti che questi strumenti forniscano una fotografia “quantitativa” delle emozioni e delle preferenze delle persone, e che proprio grazie alle reazioni fisiologiche sia possibile risalire non solo al grado di attivazione emotiva, ma anche al tipo di emozione provata (engagement, arousal, evitamento, gioia, fastidio, interesse ecc.).
Alla luce di quanto visto finora però, per quanto questo approccio all’interpretazione dei dati fisiologici mantenga molti elementi di validità, non si può negare che si basi su un assunto molto forte, ovvero che partendo da una fotografia dello stato dell’attività fisiologica in un preciso momento si possa inferire a posteriori anche l’emozione provata in quello stesso momento.
Questo non solo non è sempre vero, ma soprattutto non è sempre verificabile. Infatti, questo approccio si basa sull’assunto secondo il quale il nostro sistema cognitivo sia reattivo: uno stimolo esterno causa una risposta emotiva e questa risposta emotiva si riverbera sul nostro stato fisiologico.
Invertire la direzionalità: l’illusione enterocettiva
Gran parte delle ricerche in economia comportamentale e marketing si concentrano sull’uso di stimoli esterni per influenzare cambiamenti cognitivi ed emotivi, determinando così una modifica dello stato fisiologico. Tuttavia, cosa accade alle emozioni e all’interpretazione sensoriale e cognitiva degli stimoli quando interveniamo direttamente sullo stato fisiologico?
Prima di esplorare questa dinamica, è essenziale chiedersi: perché è cruciale indagare sulla relazione inversa? La risposta risiede nell’osservare come la percezione del mondo possa variare in base allo stato del nostro corpo. Ad esempio – banalmente – durante una passeggiata in montagna senza un pesante zaino, la salita può sembrare facile e agevole.
Tuttavia, se aggiungiamo un carico extra, percepiamo la stessa salita come più ripida, nonostante la sua oggettiva difficoltà rimanga invariata. Questo adattamento della percezione al nostro stato fisico è un fenomeno studiato (Kirsch & Kunde, 2023).
Ma se la nostra percezione del mondo è direttamente influenzata dal nostro stato fisiologico, come possiamo intervenire sperimentalmente su di esso? Come possiamo modificarlo? Un metodo comune e poco invasivo è l’illusione enterocettiva, che coinvolge la manipolazione dell’ascolto del battito cardiaco.
Presentando ai partecipanti un suono modificato e facendo loro credere che sia il loro battito cardiaco in tempo reale, si osservano notevoli effetti sulla cognizione.
In uno studio di Slochower (1974), le persone con obesità, esposte a un feedback cardiaco accelerato, attribuivano un aumento dell’appetito al presunto arousal fisiologico, conducendo a un consumo maggiore di cibo nel test successivo rispetto ai partecipanti di controllo. In un altro studio, la percezione della bellezza di foto di individui è stata influenzata positivamente quando i partecipanti ascoltavano un falso feedback cardiaco accelerato, rispetto a un feedback a velocità normale o rallentata (Valins, 1966).
In uno studio più recente, la valutazione dell’intensità emotiva di volti neutri è stata percepita come maggiore durante l’ascolto di un feedback cardiaco accelerato (Gray, Harrison, Wiens & Critchley, 2007).
2. Esperimento di Valins (1966): i partecipanti sono più attratti da foto di altre persone mentre ascoltano un feedback velocizzato del proprio ritmo cardiaco.
Abbiamo tutti lo stesso grado di capacità enterocettiva?
A questo punto, la domanda sorge spontanea: siamo tutti realmente in grado di percepire gli stimoli sensoriali provenienti dall’interno del nostro corpo? L’esperienza quotidiana suggerisce che, nella maggior parte del tempo, non siamo consapevoli di ciò che avviene all’interno di noi.
Tuttavia, così come vi sono notevoli differenze nelle capacità individuali di percepire gli stimoli esterni, anche la capacità di percepire gli stimoli interni, nota come enterocezione, varia considerevolmente da individuo a individuo.
Qual è il ruolo di questa capacità enterocettiva nel complesso processo di mediazione tra modificazioni fisiologiche e interpretazione emotiva e cognitiva del mondo circostante? Senza sorprese: ha un ruolo importante.
3. Le diverse fonti dei segnali enterocettivi all’interno del nostro corpo.
L’enterocezione influenza la codifica del mondo nelle funzioni cognitive ed emotive. In un complesso ciclo, la percezione dei propri processi fisiologici ha un impatto sulle stesse modificazioni fisiologiche.
Quando i modelli predittivi del cervello si basano su segnali fisiologici chiari, il cervello, in base alla regola di minimizzazione dell’errore, influisce in maniera discendente (top-down) sulla regolazione corporea. Cerca di produrre una risposta coerente con lo stato fisiologico precedente, amplificando quindi la risposta fisiologica complessiva.
Ad esempio, di fronte a volti con valenza emotiva positiva o negativa (ma non a volti neutri), si è notato che non solo i soggetti con migliori capacità enterocettive riportavano uno stato soggettivo di arousal più intenso, ma le loro risposte fisiologiche risultavano anche amplificate.
Si crea così un ciclo in cui l’attivazione autonomica e le risposte emotive si rinforzano reciprocamente, creando una risposta coerente con gli stimoli sensoriali provenienti dal mondo esterno (Pollatos, Herbert, Matthias & Schandry, 2007).
La capacità di sentire il proprio corpo impatta largamente anche altri aspetti di come interagiamo con il mondo: persone con una migliore capacità enterocettiva hanno una maggiore resistenza alla famosa illusione della rubber hand (qui un video esempio del compito https://www.youtube.com/watch?v=sxwn1w7MJvk) data da un più forte senso di “body ownership” (Tsakiris, Tajadura-Jimenez & Costantini, 2011), hanno anche una risposta autonomica maggiore alla prossimità fisica con altri esseri umani (Ferri, Ardizzi, Ambrosecchia & Gallese, 2013), e, infine, hanno una capacità mnemonica aumentata per gli stimoli ad alta valenza emotiva che hanno già incontrato in passato (Werner, Peres, Duschek & Schandry, 2010).
L’aumento di queste funzioni è correlato alla capacità di allostasi, ovvero alla capacità che ogni organismo ha di agire sulla propria fisiologia, sul proprio comportamento e di conseguenza sul proprio ambiente per mantenere una fitness ottimale finalizzata alla sopravvivenza (Sterling, 2012).
In quest’ottica, sentire meglio i propri segnali fisiologici è una capacità cruciale nel creare modelli predittivi finalizzati proprio alla regolazione autonomica e comportamentale, e permette di mantenere un’allostasi migliore.
Ecco che, quindi, essere più consapevoli di cosa sia il proprio corpo e cosa non lo sia, dare più importanza alle interazioni biologiche nel proprio ambiente circostante e, soprattutto, avere una migliore memoria di ciò che abbiamo già incontrato ed ha avuto un impatto emotivo significativo, sono tutte capacità decisive nell’ottica di un’efficace mantenimento di una fitness biologica mirata alla sopravvivenza.
Galvez-Pol, Nadal e Kilner (2021) hanno contribuito a collegare capacità enterocettive e capacità di allostasi con uno studio interessante. Questi autori hanno osservato che, durante il lockdown da Covid-19, le persone con migliori capacità enterocettive erano coloro che, più di tutti, desideravano tornare a godere di spazi aperti e luoghi naturali.
L’interpretazione degli autori è stata che queste persone, durante un periodo di grande stress psicofisico, sentissero come più inequivocabile il bisogno di riequilibrare il proprio benessere psicofisiologico andando ad abbassare il proprio livello di stress in mezzo alla natura (White et al., 2019), luoghi che, in quel periodo storico, erano per tutti inaccessibili.
Verso un nuovo paradigma: agire sui processi fisiologici per modificare le emozioni
Da quanto detto finora, appare evidente come l’approccio utilizzato per studiare le emozioni nell’economia comportamentale restituisca solo una fotografia parziale del reale funzionamento umano.
La visione reattiva del nostro sistema ci porta a intendere i rapporti causa effetto secondo una consequenzialità temporale secondo la quale basterebbe modificare il nostro mondo esterno per produrre un’emozione e, di conseguenza, un cambiamento fisiologico.
Questo modo di intendere le emozioni e le modificazioni autonomiche mantiene sicuramente elementi di validità, e crea effetti misurabili dal punto di vista emotivo e fisiologico, ma ci fornisce una prospettiva limitata sul complesso sistema che ci permette di agire efficacemente nel mondo che ci circonda.
Se invece assumiamo una nuova prospettiva, nella quale il nostro sistema cognitivo è predittivo, possiamo integrare efficacemente la vecchia visione in un sistema più ampio, in cui segnali sensoriali afferenti dal mondo interno (modificazioni fisiologiche) ed esterno (stimolazioni sensoriali ambientali) si mescolano ai nostri processi cognitivi per creare modelli predittivi su quello che sarà l’immediato futuro sensoriale.
In quest’ ottica, i segnali fisiologici costruiscono predittivamente le emozioni, che a loro volta modulano i segnali fisiologici futuri sulla base delle aspettative (più o meno rispettate) del sistema.
Tornando un attimo con i piedi per terra, quindi, ci possiamo aspettare di modificare le emozioni non solo modificando il flusso sensoriale proveniente dal mondo esterno, ma anche agendo direttamente sul flusso sensoriale proveniente dal mondo interno.
Sebbene non sia lo scopo di questo articolo quello di arrivare a soluzioni concrete, ritengo che anche in ambiti di ricerca più applicati, come il marketing, sia importante iniziare a ragionare in termini più olistici, secondo i quali le modificazioni fisiologiche non sono solo “risposte” alle nostre emozioni, ma sono a loro volta cause e precursori delle emozioni.
Ecco che oltre ad indagare quale prodotto, o quale pubblicità possa produrre un maggiore coinvolgimento emotivo nei consumatori, potrebbe essere anche interessante indagare come sottili cambiamenti nello stato fisiologico possano produrre diversi stati emotivi nei confronti di un prodotto.
Verso un nuovo paradigma: migliorare la capacità enterocettiva per amplificare gli stati emotivi
Abbiamo visto come la capacità di ascoltare i propri stati fisiologici non sia altro che una cassa di risonanza per gli stati emotivi, cognitivi e per le memorie ad esse associate. Anche a prescindere dal proprio livello individuale di accuratezza enterocettiva, è stato dimostrato che il solo fatto di portare l’attenzione sui propri segnali fisiologici modifica l’intensità delle emozioni che proviamo.
Per esempio, persone che ascoltano il proprio battito cardiaco mentre giocano all’ultimatum game (rimandiamo a questo articolo per una spiegazione di questo gioco economico https://blog.economiacomportamentale.it/2018/12/22/neuroeconomia-neuromarketing-natura-cultura-dietro-alle-nostre-scelte/) vivono le offerte ingiuste con stati emotivi più forti rispetto a chi ascolta suoni ritmati non biologici (Lenggenhager et al., 2013).
O anche andando ad analizzare persone che volontariamente si sono abituate a prestare maggiore attenzione ai propri segnali corporei, come i meditatori, si è visto che queste persone riescono ad avere un maggiore controllo reattivo e una maggiore concordanza tra modificazioni fisiologiche e stati emotivi, riuscendo a sopprimere risposte autonomiche ed emotive quando serve, ma anche ad aumentarle quando richiesto (Pavlov et al., 2015).
Allora perché non investire anche in ambiti concreti come il marketing su sistemi e tecnologie che possano spingere i consumatori a prestare maggiormente attenzione ai propri segnali fisiologici, con l’intento di amplificare l’esperienza emotiva legata al prodotto? La ricerca sull’alessitimia (disturbo nel riconoscimento delle emozioni) ha dimostrato che questi pazienti spesso fanno registrare livelli sotto la norma nell’accuratezza enterocettiva (Herbert, Herbert & Pollatos, 2011).
Allora perché correre il rischio che anche i consumatori non sappiano riconoscere le proprie emozioni?
La complessità di un ponte sospeso
Mentre attraversiamo un ponte sospeso, non siamo in grado di capire univocamente a cosa siano dovuti i nostri stati fisiologici. Stiamo provando una forte emozione a causa della pericolosità dell’esperienza? O forse siamo semplicemente attratti da un’altra persona che si trova nei pressi del ponte?
Se la ricerca ci dice che le persone non sono sempre accurate nel risalire alla causa emotiva dei propri stati corporei, allora come possiamo pretendere di risalire, in base a segnali come il battito cardiaco o alla conduttanza cutanea, all’emozione che una persona sta provando?
Il nostro funzionamento è infatti molto più complesso di una mera reazione a stimoli che cambiano, e con questo in mente è il momento di ampliare il paradigma e pensare a come siamo noi stessi artefici della costruzione del nostro mondo emotivo.
✅ Revisione a cura di: Roberta De Cicco e Serena Iacobucci
✅ Editing a cura di Francesca Bellante e Sara Ferracci
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L’autore

Luca Giacometti Giordani è un dottorando di ricerca in Business and Behavioural Sciences. È intessato a come i nostri comportamenti espliciti (soprattutto quelli di natura economica) siano influenzati implicitamente dai processi cognitivi spontanei e dagli stati fisiologici del nostro corpo. Nel tempo libero fa l’allenatore di atletica leggera.
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